Contratto di agenzia e determinazione della provvigione





Come ogni altro elemento del contratto di agenzia, anche la determinazione della provvigione (o meglio, della entità della provvigione) rappresenta il frutto di un preciso accordo delle parti.

Aspetto, questo, del resto confermato dagli stessi artt.1742 e 1748 c.c.,  i quali se da un lato prevedono come forma tipica di retribuzione dell’agente la provvigione, dall’altro nulla dicono né introducono criteri volti a permetterne la sua quantificazione, né tantomeno in tal senso dispongono gli AEC vigenti.

Ciò corrisponde ad una precisa scelta legislativa che è appunto quella di attribuire alle stesse parti del contratto di agenzia la più ampia libertà e scelta in ordine alla quantificazione della percentuale attribuibile all’agente; scelta giustificata proprio  dalla prevalenza dell’autonomia contrattuale che domina l’intero contratto di agenzia e che, proprio perché tale, rende inammissibile una sorta di “quantificazione legislativa”.

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Sono quindi gli stessi contraenti che, come possono liberamente individuare la zona di operatività dell’agente, le modalità esplicative del rapporto di agenzia, la durata dello stesso, così possono liberamente quantificare l’entità della provvigione che spetterà all’agente.

Diversamente dal rapporto di lavoro subordinato, cui trova applicazione l’art. 36 cost., nel rapporto di agenzia non può quindi invocarsi il diritto dell’agente ad un “equo compenso”, non essendo egli un lavoratore dipendente.




L’art. 36 cost., si afferma, vale ed opera in quei rapporti di lavoro che implichino un orario ed una prestazione continua ed esclusiva, ed esso non può quindi invocarsi <<nel rapporto di agenzia, da parte dell’agente, per prospettare una situazione svantaggiosa nei confronti del preponente, essendo il primo non un prestatore d’opera subordinato, ma un lavoratore che svolge la sua attività senza alcun vincolo di dipendenza, in piena libertà ed autonomia, ed a proprio rischio>> (Cass. 5.5.73, n.1175).

E che comunque la volontà delle parti rappresenti il momento centrale nella individuazione della percentuale provvigionale viene indirettamente confermato anche da quelle pronunce della S.C. le quali – al di là del caso particolare in cui la provvigione non sia determinata dalle parti né comunque sia determinabile dimodochè la sua determinazione dovrà avvenire ad opera del giudicie ex art. 1374 c.c. <<che stabilisce una serie di fonti integrative cioè le norme suppletive di legge, le norme consuetudinarie e l’equità>> (Cass. 8.1.79, n. 90) – si limitano ad individuare i presupposti in presenza dei quali può ritenersi sussistente un diritto dell’agente alla provvigione o, al limite, dettano criteri in ordine alle modalità di quantificazione, giammai intervengono sulla sua misura ed entità.

Così, con riguardo alla provvigione spettante all’agente sul <<prezzo convenuto tra il cliente e il preponente>>, si è stabilito che qualora il corrispettivo pagato dal cliente sia costituito <<non soltanto da una somma di denaro, ma anche da un bene>>, il valore di questo va (al detto fine) determinato sulla base delle pattuizioni in merito intervenute tra le parti contraenti (preponente e cliente), <<mentre dove manchi una esplicita pattuizione sul punto, al bene va attribuito il valore che esso aveva nella situazione in cui si trovava al momento della conclusione dell’affare, ed al quale le parti hanno fatto implicito riferimento>> (Cass. 2.7.87, n.5776).




E ancora, con riguardo all’ipotesi della provvigione in forma di <<sovraprezzo>> si è affermato che <<la provvigione può essere corrisposta all’agente in forma di “sovrapprezzo” da applicarsi sui minimi di prezzo fissati dal preponente e noti al solo agente e non anche al terzo compratore, e con la facoltà, all’agente riconosciuta, di applicare tale sovrapprezzo, in sede di trattative, in misura variabile ed entro il limite massimo del dieci per cento>> (Cass. 19.6.67, n.1446).

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Con riguardo, poi, all’ammissibilità di un compenso rappresentato da una somma fissa per ogni contratto concluso si è affermato che <<in  relazione  alla norma  di  cui  all’art. 1748  c.c., di carattere ordinatorio,  le  parti stipulanti  il  contratto  di agenzia possono prevedere forme  di  compenso  delle prestazioni  dell’agente diverse dalla  provvigione  determinata in  misura  percentuale  sull’importo degli affari  trattati  (come  ad esempio  una  somma  fissa per ogni contratto concluso)  con  l’unico  limite costituito dalla natura del contratto, che  preclude la fissazione del corrispettivo mediante una retribuzione  fissa  e svincolata  del  rapporto  con la  quantita’ e l’ammontare  degli  affari promossi;  le  stesse  parti possono anche derogare alla  disposizione  del comma 2 della norma citata – secondo cui  se l’affare  ha avuto esecuzione parziale, la provvigione spetta all’agente  in proporzione della parte eseguita – non solo stabilendo la  nozione di parte eseguita e la misura della proporzione, ma anche ricorrendo a   criteri   diversi   di determinazione   del   compenso dell’agente>> (Cass. 9.10.91 n. 10588).


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