Cos’è un contratto di deposito





Oggi parliamo del contratto di deposito.

Si tratta di un contratto molto ricorrente nella pratica che trova numerose applicazioni.

In questo post vengono esaminati i caratteri salienti e le peculiarietà del contratto di deposito con riferimento alle sue estensioni pratiche.

1.Nozione

L’art. 1766 c.c. definisce il deposito come il contratto con il quale una parte, detta depositario, riceve dall’altra, depositante, una cosa mobile assumendo, al contempo, l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura.

Si tratta di un contratto tipico, reale e ad effetti obbligatori, a forma libera e ad esecuzione continuata.

Oggetto del contratto in questione possono essere cose mobili.

Per quel che riguarda invece i beni mobili registrati e i beni fungibili e consumabili, la loro deduzione in contratto è possibile solo se al depositario non viene data la facoltà di utilizzarli. 

Assolutamente escluse da tale schema negoziale le cose insuscettibili di essere materialmente conservate, non potendo venire ad esistenza l’obbligazione principale del deposito. 




Il deposito si presume gratuito (art. 1767 c.c.) salvo prova contraria (quale, ad esempio la qualità professionale del depositario oppure una volontà di segno contrario dei contraenti), per cui, anche nel caso in cui venga pattuito un compenso, esso non può in alcun modo essere considerato un contratto sinallagmatico a fronte del quale poter far valere l’eccezione di inadempimento.

La regola generale vuole che il deposito abbia natura gratuita.

Tuttavia, non può escludersi una diversa pattuizione delle parti sul punto.

Al riguardo l’art. 1781 c.c. dispone che <<il depositante è obbligato a rimborsare il depositario delle spese fatte per conservare la cosa e tenerlo indenne delle perdite cagionate dal deposito e a pagargli il compenso pattuito>>. 

Ai sensi dell’art. 1777 c.c., il bene dato in custodia deve essere restituito al depositante o a chi sia in possesso di un documento di legittimazione necessario per la restituzione dello stesso.

2.Oggetto della consegna

Nel contratto di deposito oggetto della consegna è una cosa mobile, sia essa inanimata (ad es. denaro, oggetti preziosi) o animata (animali).

Restano esclusi i beni immobili.

La detenzione del bene rappresenta un elemento essenziale del contratto di deposito. Conseguentemente l’oggetto si identifica in ogni bene mobile suscettibile di detenzione ivi compresi i beni mobili registrati.

Non possono invece costituire oggetto di contratto di deposito i beni immateriali (ad es. le energie) non prestandosi, proprio le loro caratteristiche naturali, alla detenzione mentre potranno costituire oggetto di deposito i beni incorporanti diritti immateriali (si pensi, ad es. ai libri costituenti espressione tangibile di un’opera dell’ingegno).




Controverso se possano costituire oggetto di deposito le universalità di beni mobili. Secondo alcuni autori nel caso in cui venga affidata in custodia una universalità di beni mobili, vanno considerate oggetto del deposito soltanto le singole cose, rientrandosi così nell’ipotesi di deposito di una pluralità di cose, mentre andrebbe escluso un vero e proprio deposito di universalità (1).

Altri autori operano invece una distinzione tra cose che per la loro consistenza mobiliare si prestano ad un’attività di custodia assimilabile a quella delle cose mobili e cose che invece si trovano inserite in un contesto più ampio unitamente ad elementi immobiliari quali l’azienda (2).

Oggetto di deposito possono inoltre essere cose fungibili e consumabili, le quali, fermo l’obbligo di restituire la cosa depositata nell’idem corpus, siano stae considerate come non fungibili dalle parti e sia stata esclusa la possibilità per il depositario di utilizzarle (3).

3.Le parti del contratto di deposito

Già dalla stessa nozione di deposito emerge che soggetti del contratto sono chi ha consegnato la cosa (depositante) e chi ha ricevuto la cosa in consegna (depositario).

Depositante è chiunque abbia la disponibilità della cosa. Tale qualifica compete quindi non solo al proprietario ma anche al locatario, al comodatario, pignoratario, al possessore.

Parimenti la posizione di depositario può essere assunta da chiunque (sia essa persona fisica o giuridica che abbia l’idoneità ad adempiere l’obbligazione di detenere o custodire (4)

4.La realità del deposito

Elemento qualificante del deposito è, altresì, la consegna della cosa, come espressamente previsto dall’art. 1766 c.c.

Da ciò ne consegue che il deposito è un  contratto reale (5) che si perfeziona, quindi, con la consegna della cosa da una parte all’altra.

Custodia che, affinche’ sia ritenuta sussistente, non  richiede necessariamente la materiale  apprensione del bene, risultando sufficiente che esso sia posto nella  autonoma  sfera di disponibilita’ e controllo dell’affidatario; pertanto anche colui  che  accetta  di controllare  un’auto, lasciata in un luogo  pubblico,  anche se  non  gli vengono consegnate le chiavi, e’ obbligato a custodirla (6)

In dottrina si sottolinea  inoltre la necessità che alla consegna si accompagni un esplicito accordo delle parti.




Al riguardo si osserva infatti che non ogni cosa lasciata presso altri integra di per sé un contratto di deposito.

Ricorre tale  ipotesi solo laddove la consegna concorra con una precisa manifestazione di volontà in tal senso di entrambe le parti le quali convengono che la cosa rimanga presso il detentore a titolo di deposito (7).    

Conclusione, questa, che non esclude aprioristicamente che un consenso possa presumersi anche per facta concludentia desumibile proprio dal passaggio nella detenzione della cosa dal depositante al depositario.

E al riguardo si è così affermato che <<il perfezionamento  del  contratto  di deposito  non  richiede che il consenso  sia reciprocamente espresso da entrambi i contraenti, ma e’ sufficiente che  possa ravvisarsi anche implicitamente nella consegna della cosa da parte del depositante e nella sua accettazione da parte del  depositario>> .

Al tempo stesso, a conferma dell’orientamento, si è altresì affermato che la   mera  consegna  delle   chiavi  di  un’autovettura al  meccanico incaricato  della sua  riparazione  non  e’ fonte di alcun obbligo di custodia in  capo  a  quest’ultimo allorche’ sia noto al proprietario che l’autovettura  verra’  parcheggiata  nella strada (e quindi fuori dal garage)  in attesa della riparazione  (8).

5.Il deposito consensuale. Il contratto preliminare di deposito

L’ammissibilità di un contratto di deposito consensuale dove la consegna della cosa costituisce un mero atto esecutivo, è oggetto di opinioni diverse da parte della dottrina.

Tale contratto viene generalmente ammesso ed inquadrato nella tipologia del contratto d’opera ex art. 2222 c.c., avente ad oggetto  una prestazione di custodia  (9).

Secondo altri autori il deposito reale e quello consensuale rientrano nell’ambito dello stesso tipo contrattuale (10).

La mancanza della consegna della cosa da custodire al momento dell’accordo delle parti sembra non escludere l’ammissibilità, altresì, di un contratto preliminare di deposito in virtù del quale le parti assumono l’obbligo di stipulare un futuro contratto definito reale di deposito (11) pur escludendosi la possibilità di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. della promessa di deposito rimasta inadempiuta, in quanto la sentenza costituiva ivi prevista non potrebbe mai sostituire l’atto materiale di consegna della cosa (12).




6.La diligenza del depositario

Nell’adempimento della prestazione di custodia il depositario deve comportarsi nel rispetto della diligenza del buon padre di famiglia (art. 1768 c.c.).

Il criterio comportamentale è dunque quello richiamato dalla norma generale di cui all’art. 1176 c.c.

Conseguentemente, in applicazione dei principi generali, il limite al dovere di adempiere l’obbligazione di custodia secondo diligenza è determinato dall’impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore depositario.

Si è così affermato che, tanto nell’ipotesi in cui l’obbligo di custodia abbia natura accessoria e strumentale rispetto all’esecuzione dell’obbligazione principale, quanto nell’ipotesi in cui è l’effetto tipico del contratto (art. 1766 c.c.) la diligenza da prestare è sempre quella del buon padre di famiglia.




Il relativo modello non è fisso, ma variabile in rapporto alle concrete modalità di custodia riferite alla natura dell’attività esercitata dal custode, alla qualità della cosa ed alle specifiche circostanze (13).

A tale ultimo riguardo si è osservato che <<in tema di contratto di parcheggio, l’alternativa fra le norme sulla responsabilità ex recepto ed il criterio generale di cui all’art. 1176 c.c. porta alla stessa conclusione in punto di diligenza da osservare e di esonero da responsabilità del soggetto tenuto alla restituzione del bene affidato. In altri termini, tanto l’articolo da ultimo citato, quanto l’art. 1768 c.c., individuano un solo criterio misuratore della diligenza, ossia si riferiscono alla figura del “buon padre di famiglia”, che, tuttavia, deve transitare per il crierio dell’art. 1218 c.c., come comprovato dall’art. 1780, 1° comma, c.c., che, ai fini dell’esonero da responsabilità per la mancata restituzione del bene affidato, esige la prova del fatto non imputabile al depositario.

In sostanza, al fine di sottrarsi alla responsabilità in subiecta materia non basta dimostrare il livello di diligenza osservato, ma occorre provare che la mancata esecuzione della prestazione derivi da causa non imputabile al debitore, perché estranea alla sua sfera organizzativa (14).

Criterio di diligenza che però, come si afferma nella predetta pronuncia,
<<in presenza di una prestazione di parcheggio di natura gratuita, l’art. 1768, comma 2, c.c. impone una valutazione meno stringente della colpa e proprio l’assenza di corrispettivo rende impedisce di ritenere il depositario responsabile per i danni provocati da atti vandalici>>.

Sempre in merito alla prova incombente sul depositario al fine dell’esclusione di una Lo stesso si è affermato in altra occasione rilevandosi che nel caso di furto o rapina di cose affidate al depositario, quest’ultimo non si libera della responsabilità “ex recepto” provando di avere usato nella custodia della “res” la diligenza del buon padre di famiglia prescritta dall’art. 1768 c.c., ma deve provare, ai sensi dell’art. 1218 c.c., che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile, fornendo cioè la prova liberatoria della imprevedibilità ed inevitabilità della perdita della cosa.




7. Il deposito irregolare.

In linea di principio il depositario non può servirsi della cosa che ha in deposito, a meno che il deponente gliel’abbia permesso, e deve restituire l’identica cosa che gli è stata consegnata.

Quando si tratta di cose consumabili, cioè di cose che si consumano con l’uso, quali i commestibili e i combustibili, nel caso che il depositante abbia dato al depositario il permesso di servirsene, e questi effettivamente se ne sia servito, è impossibile la restituzione dell’identica cosa ricevuta.

In tal caso si ha il deposito irregolare, nel quale il depositario è autorizzato a restituire cose della stessa qualità e quantità.

All’infuori di ciò, valgono per il deposito irregolare le stesse norme che per il volontario.

Evidenti le analogie con  il contratto di mutuo  anche va da questo tenuto distinto.

Una delle principali differenze consiste nella facoltà che ha il depositante di ritirare il deposito quando voglia, e anche prima del termine pattuito, come sopra abbiamo visto. Inoltre mentre nel mutuo di una somma di denaro, il mutuatario deve restituire la somma numerica risultante dal contratto, indipendentemente dal maggiore o minore valore che abbia acquistato la moneta (art. 1821 c.c.), il depositario di una somma di denaro deve restituire il denaro nella medesima specie di monete depositate, perché queste furono l’oggetto del contratto, e queste il depositario deve restituire, tanto nel caso d’aumento quanto in quello di diminuzione del loro valore (art. 1848 c.c.).




7.1. Il deposito bancario

Tipica espressione del deposito irregolare è il deposito bancario.

Con tale nozione si intendono quelle operazioni con le quali si affidano in consegna, a qualsiasi titolo, valori a una banca.

Le diverse tipologie di depositi bancarî si sogliono raggruppare e distinguere avendo presente se alla banca venga concesso oppure no l’uso delle cose depositate.

Vi sono quindi depositi bancarî che importano il trasferimento della proprietà del depositante alla banca depositaria e vi sono invece depositi in cui il depositante mantiene la proprietà della cosa propria.

La prima tipologia viene definita quale deposito bancario ad uso perché la banca ha facoltà di disporre dei valori che le sono affidati per il tempo in cui dura il deposito.

La seconda tipologia corrisponde invece ai depositi a custodia.

Generalmente i depositi a uso hanno per oggetto il denaro, i depositi a custodia le cose.

I depositi ad uso ricomprendono i cosiddetti depositi a risparmio e i depositi in conto corrente.




I depositi a risparmio hanno per oggetto capitali che vengono costituendosi col versamento ripetuto, cioè con l’accumulo dei privati risparmî.

Il rapporto si costituisce e si esaurisce direttamente tra il depositante e la banca.

Nei depositi a conto corrente, a differenza che nei depositi a risparmio, il depositante non effettua le operazioni di costituzione del deposito e di prelievo direttamente e personalmente con la banca, ma esse si compiono per cassa.

Qui il depositario non affida alla banca la semplice custodia fruttifera del proprio denaro, ma la incarica altresì di eseguire i proprî incassi e i proprî pagamenti.

Con gl’incassi che la banca esegue o riceve per conto del depositante viene a costituirsi il deposito in conto corrente, sul quale successivamente la banca preleverà le somme necessarie per eseguire i pagamenti che le vengono ordinati dal depositante medesimo.

Periodicamente si compiono i cosiddetti saldi, cioè le operazioni di rendiconto e di regolarizzazione del deposito, in relazione agl’incassi e ai pagamenti eseguiti dalla banca, e agl’interessi maturati.

Il depositante in conto corrente può disporre delle somme mediante  assegni o chèques, che costituiscono altrettanti ordinativi di pagamento da compilarsi dal depositante.

Altra tipologia di deposito bancario è infine quella dei depositi a custodia, riferita  essenzialmente al deposito di oggetti.

8.Casistica. Deposito nei magazzini generali

In linea con le finalità del deposito, anche nel  deposito  nei magazzini generali di alimenti deperibili in celle  frigorifere con  prezzo  commisurato alla superficie allocata, pure  integrando   una  fattispecie  contrattuale atipica  (per  le modalita’  di pagamento del prezzo in base alla superficie utilizzata e non  alla  quantita’, peso e numero della merce e per la previsione di    obbligazioni   specifiche  del    depositario    connesse  alla conservazione  in celle  frigorifere di merce deperibile, peraltro in funzione  strumentale  del fondamentale obbligo di custodia), ciononostante il fine precipuo perseguito    dalle    parti   e’ quello   della   custodia, conservazione   e restituzione   delle  cose  depositate (tipico  del contratto  di  deposito).

Il rapporto fra i contraenti, in materia  di responsabilita’ per inadempimento e di colpa presunta ex recepto, e’ quindi disciplinato essenzialmente dalle norme codicistiche del deposito,  e questo  comporta  in  relazione alla responsabilita’ per furti e  rapine che la prova liberatoria a carico del depositario non e’  raggiunta,  se egli  non  dimostra  di avere  adottato  tutte  le precauzioni che  le  circostanze  suggerivano secondo  un  criterio  di ordinaria  diligenza,  per evitare la sottrazione delle cose depositate (15).




8.1. Deposito di derrate alimentari

Nella  consegna di  derrate  alimentari  al gestore  di  un magazzino frigorifero    che sia   essenzialmente   rivolta   a conseguire   la conservazione e  la  restituzione della merce nello stato originario, deve  ravvisarsi un  contratto  di deposito, soggetto alla disciplina degli  art. 1766  e  ss. c.c.

E questo anche se l’indicata natura delle cose depositate    richieda  lo  svolgimento   di   particolari  attivita’ (erogazione  di energia  refrigerante)  e l’apprestamento di speciali mezzi   (celle frigorifere).  

In   tale   situazione, le   ulteriori prestazioni  dovute   da  chi   riceve  in   consegna la  merce,  pur presentando caratteristiche astrattamente riconducibili alla locatio operis  e  alla locatio  rei, si pongono, in concreto, su un piano strumentale   rispetto   alla realizzazione  della  causa  tipica del contratto di deposito (16).

8.2.  Posteggio

Nell’ambito del  contratto  di posteggio – contratto atipico che, pur essendo disciplinato, in via analogica, dalla normativa del contratto di deposito, manifesta proprie caratteristiche individualizzanti – va distinta  l’ipotesi del  cosiddetto “parcheggio ad ore o a giornata”, nel  quale  l’asportazione del  veicolo dal luogo in cui e’ custodito produce   la  scadenza  contrattuale   (con   la  necessita’  che  si costituisca  un   nuovo  contratto  ogni  volta  che il  mezzo  venga riconsegnato), dal parcheggio a tempo indeterminato, o determinato in maniera  tale che  la  sua  durata non  sia  collegata  al temporaneo asporto del  mezzo  (parcheggio  a mese, ad anno, ecc.), nel quale il contratto iniziale    perdura,   con   il conseguente   obbligo   del posteggiatore   di  mantenere a  disposizione  un  determinato spazio nell’ambito del parcheggio e del proprietario del mezzo di pagarne il corrispettivo. 

Ne consegue che, in questa seconda ipotesi, l’obbligo di custodia  e  la  corrispondente responsabilita’  del posteggiatore sono  strettamente  collegati all’effettivo deposito ed alla consegna del veicolo,  mentre  l’asportazione  di quest’ultimo  da  parte  del proprietario o di chiunque ne sia legittimato comporta la sospensione di   quell’obbligo,   con   esclusione    della  responsabilita’  del posteggiatore per tutto il tempo corrispondente (17).




8.3. Ormeggio di natante

Ammessa l’estensione al contratto di ormeggio delle norme dettate in materia di deposito, la giurisprudenza, sempre in punto alla r.c., ha altresì affermato che  <<allorche’  il contratto  di  ormeggio  sia esteso  alla  custodia del natante,  con la  sua  conseguente  assimilabilita’ al  deposito,  la consegna  ed i  conseguenti doveri di custodia non restano delimitati al  natante  nella sua  struttura  elementare, ma si estendono, salvo patto  contrario, a tutte quelle cose che, pur mantenendo una propria autonomia,  siano  destinate  in  modo durevole  al  suo  servizio ed ornamento,    costituendone  pertinenza,  ed   in   particolare  alle attrezzature  obbligatorie in  forza  di  legge, di  regolamento o di altri  atti  amministrativi; l’eventuale  patto  contrario dev’essere provato, in tal caso, dal depositario e non dal depositante>> (18).

8.4. Servizio handling negli aeroporti

Il  servizio  di cosiddetto  “handling”  negli  aeroporti che  ha  ad oggetto  una serie  di  attivita’  volte all’assistenza  a  terra dei passeggeri  e allo  sbarco,  custodia  e riconsegna  delle  merci non comporta  una dipendenza  o preposizione dell’impresa che esercita il predetto  servizio  rispetto alla societa’ che effettua il trasporto, costituendo i  servizi  da  essa autonomamente  prestati in forza del relativo contratto con il vettore, non un accessorio del contratto di trasporto  che  si esaurisce  con l’arrivo dell’aereo nell’aeroporto, bensi’  oggetto di distinti rapporti obbligatori caratterizzati dalla prestazione  di cui  il  vettore  necessiti.

Pertanto,  in ipotesi di trasporto  di  merce con  la consegna da parte del vettore delle cose trasportate  all’impresa  esercente il  servizio  di  “handling”, con l’obbligo di  questa  di custodirle e di restituirle al destinatario, si  perfeziona fra  i  predetti  soggetti un  contratto di deposito a favore del terzo destinatario, con la conseguenza che quest’ultimo in caso   di  perdita o  di  avaria  della merce  puo’  proporre  azione risarcitoria  nei confronti  dell’impresa  che  gestisce il servizio, secondo le norme proprie del contratto di deposito (19).

 9. Il deposito in albergo e il contratto di albergo

La disciplina del deposito in albergo è stata modificata dalla l. 16.6.1978, n. 316  che ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione europea sulla responsabilità degli albergatori per le cose portate in albergo, firmata a Parigi il 17.12.1962.

La precedente disciplina si concentrava sulla distinzione tra cose consegnate all’albergatore, per le quali questi era obbligato come depositario e  cose portate in albergo ma non consegnate per le quali la responsabilità veniva limitata sotto il profilo della quantificazione del danno.

Presupposto della r.c. dell’albergatore è la sussistenza di un contratto di albergo (20).

Si tratta di un contratto non espressamente disciplinato e dunque di un contratto atipico nonostante la sua ampia diffusione.

Il contratto d’albergo viene definito come il contratto con cui l’albergatore, dietro corrispettivo di un prezzo, si obbliga a fornire al cliente una unità abitativa arredata e tutti i servizi, necessari o eventuali (lavanderia, riassetto della camera della camera, somministrazione di pasti, uso del telefono e di apparecchi radiotelevisivi, ecc.), che consentano un soggiorno in locali organizzati a tale scopo.




Si tratta dunque di una fattispecie complessa, il cui contenuto consiste in prestazioni molteplici, di dare e di facere, dovute dall’albergatore, alcune fondamentali, cioè quelle di fornire l’alloggio e i servizi ad esso collegati (riassetto della camera, somministrazione di luce e acqua, fornitura della biancheria), altre accessorie ed eventuali (somministrazione di pasti, servizio bar, lavanderia, centro benessere etc).

Il contratto di albergo, come si afferma in giurisprudenza,  <<ha per oggetto una molteplicità di prestazioni che si estendono dalla locazione dell’alloggio alla fornitura di servizi, senza che la preminenza da riconoscere alla locazione dell’alloggio possa valere a fare assumere alle altre prestazioni carattere accessorio sotto il profilo causale>> (21).

Centrale nella configurazione del contratto di albergo è dunque la non accessorietà dei servizi offerti.

La peculiarità del contratto d’albergo è infatti da individuarsi nella unitarietà tra la prestazione di alloggio e le prestazioni ad esso collegate che ne possano consentire una immediata e continuata utilizzazione.

La nozione e le regole del contratto d’albergo si estendono a tutte le strutture ricettive, indipendentemente dalla terminologia usata per i vari tipi (hotel, villaggio turistico, motel, campeggio, rifugio alpino, affittacamere, bed & breakfast, beauty farm, ecc.).

9.1. La causa del contratto di albergo

Il contratto d’albergo viene considerato un contratto di tipo misto, la cui causa è costituita dalla risultante della fusione tra le cause di più contratti nominati.

Le prestazioni cui si obbliga l’albergatore sono varie ed eterogenee anche se tra loro collegate e coordinate in funzione della finalità ultima.

Ecco quindi che nel contratto di albergo coesistono contratti quali la locazione (godimento dell’unità abitativa), il comodato (uso a titolo gratuito di alcuni beni), la somministrazione (fornitura periodica di vitto), la  prestazione d’opera (prestazione di servizi extraalberghieri), il trasporto (come ad esempio nel caso di trasporti organizzati dall’albergatore a favore dei clienti che desiderano raggiungere determinate mete), il deposito relativamente alle cose portate e consegnate in albergo .

Prestazioni che a loro volta si distinguono tra prestazioni essenziali e prestazioni accessorie.

Così l’ obbligazione di prestare l’alloggio come anche le prestazioni necessarie collegate all’alloggio devono in ogni caso sussistere affinchè sia ravvisabile un contratto di albergo.

Altre prestazioni quali ad esempio il trasporto o il servizio wireless sono eventuali ed accessorie.




9.2. La responsabilità dell’albergatore. La fattispecie di cui all’art. 1783 c.c.

Due sono i tipi di responsabilità dell’albergatore: l’una concerne le cose portate in  albergo (art. 1783 c.c.) l’altra le cose consegnate all’albergatore (art. 1784 c.c.).

Quanto alla prima si riferisce al deterioramento, alla distruzione o alla sottrazione delle cose portate in albergo.

Essa sorge per il solo fatto della introduzione, da parte del cliente, delle cose nell’albergo, indipendentemente da qualsiasi consegna, poiché essa inerisce direttamente al contenuto del contratto alberghiero, dovendo essere riferita all’obbligo accessorio dell’albergatore di garantire alla clientela, contro eventuali perdite, danni e furti, la sicurezza delle cose portate in albergo, per cui spetta a lui offrire la prova liberatoria  (22).

Quanto alla nozione di cose cui si estende tale responsabilità, l’art. 1783 c.c. prevede tre diverse categorie di beni.

In primo luogo si considerano le cose che si trovano in albergo durante il tempo nel quale il cliente dispone dell’alloggio.

Il n. 2) dell’art. 1783 c.c. fa invece riferimento alle cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la custodia fuori dell’albergo durante il periodo di tempo in cui il cliente dispone dell’alloggio.

Infine il n. 3) dell’art. 1783 c.c. contempla le cose di cui l’albergatore, un mebro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la custodia sia nell’albergo, sia fuori dell’albergo durante un periodo di tempo ragionevole, precedente o successivo a quello in cui il cliente dispone dell’alloggio.

In tali casi, come dispone l’ult.co. dell’art. 1783 c.c., la responsabilità dell’albergatore è limitata al valore <<di quanto sia deteriorato, distrutto o sottratto, sino all’equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell’alloggio per giornata>>.




L’onere della prova incomberà sul cliente per quanto concerne l’esistenza di un valido contratto d’albergo, l’evento dannoso ed il suo verificarsi nei locali dell’albergo, l’ammontare del danno.

Sull’albergatore incomberà invece l’onere di provare la ricorrenza di uno dei fatti previsto dall’art. 1785 c.c. e 1785 ter c.c.

9.2.1. la fattispecie di cui all’art. 1784 c.c.

L’art. 1784 c.c. contempla la diversa ipotesi di responsabilità dell’albergatore per le cose del cliente che gli sono state consegnate.

Anche in tale caso presupposto essenziale è l’esistenza di un contratto di albergo.

Altresì necessaria è la consegna della cosa che diviene così oggetto di vigilanza diretta da parte dell’albergatore.

Si ritiene però che ciò non sia sufficiente occorrendo altresì, come si afferma in dottrina, un accordo univoco delle parti diretto a fondare un dovere di custodia in capo all’albergatore   e valido ad escludere la ricorrenza di un  precario affidamento di pura cortesia, al fine di una temporanea collocazione dell’oggetto portato in albergo per tenerlo a disposizione a scopo d’uso (23).

Sempre in tema di responsabilità per le cose portate in albergo, si è affermato che  il cliente non ha l’obbligo di affidare gli oggetti di valore di sua proprietà in custodia all’albergatore, mancando una specifica previsione normativa in tale senso.




Tuttavia, ove non si avvalga di tale facoltà, corre il rischio di non poter ottenere, in caso di sottrazione, l’integrale risarcimento del danno, come disposto dall’art. 1783 c.c., a meno che non provi la colpa dell’albergatore o degli altri soggetti a lui legati da rapporto di parentela o collaborazione, ai sensi dell’art. 1785 bis c.c.

In assenza di tale riscontro probatorio, la determinazione del “quantum” entro il limite massimo stabilito nell’ultimo comma dell’art. 1783 c.c. rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale é libero di determinare la somma da liquidare secondo il suo prudente apprezzamento (24).

Né tantomeno l’albergatore può sottrarsi alla responsabilità rifiutandosi di accettare beni che gli vengono consegnati dal cliente, quando si tratti dei precisi beni indicati dal II° co. dell’art. 1784 c.c.

Tali sono le carte valori, il denaro contante e gli oggetti di valore quando, come poi precisa la predetta norma, si tratti di <<oggetti pericolosi o che, tenuto conto dell’importanza ne delle condizioni di gestione dell’albergo, abbiano valore eccessivo o natura ingombrante>>.

Anche con riguardo a tale r.c. valgono i consueti principi in tema di onere della prova.

Il cliente dovrà provare, oltre al danno subito, il suo ammontare e l’esistenza di un valido contratto d’albergo.

9.3. Responsabilità dell’albergatore per danni

Una responsabilità dell’albergatore è altresì ravvisabile laddove nel corso del soggiorno il cliente subisca danni conseguenti all’utilizzo della struttura alberghiera.

Un caso, questo, esaminato dalla S.C. con riferimento ai danni subiti dal cliente dalle dotazioni di una struttura ricettiva.

Qui la S.C. ha ritenuto ravvisare una responsabilità dell’albergatore da custodia ex art. 2051 c.c.




Conseguentemente,  ai fini della sua configurabilità, è sufficiente che il danneggiato fornisca la prova della sussistenza del nesso causale tra la cosa che ha provocato l’incidente e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale degli oggetti e della condotta dell’albergatore, sul quale incombe, ai fini dell’esclusione di detta responsabilità, l’onere di provare il caso fortuito (25).

Più specificamente, con riferimento a cose intrinsecamente pericolose anche in rapporto alla possibilità di condotte potenzialmente auto lesive del loro fruitori, si è stabilita la necessità di valutare l’incidenza causale sugli eventi lesivi dell’omessa apposizione si segnalazioni idonee da parte del gestore della stessa conformazione della cosa e della consapevolezza, in rapporto alle circostanze del caso ed alle personali condizioni del danneggiato, per valutare la misura dell’eventuale concorrenza della condotta colposa della vittima, della pericolosità della cosa (26) e la stessa conformazione della cosa, che possa avere indotto il fruitore a confidare incolpevolmente nella sua continuità con caratteristiche tali da escludere gli eventi dannosi prefigurabili ed alla cui prevenzione sembrava destinata ha fondato l’accertamento della responsabilità del custode (27).

 Note

1) Fiorentino A., Del deposito in Comm. Cod. civ., Scialoja Branca, Zanichelli, Bologna – Roma, 1970, 72

2) De Martini A. Deposito (Diritto civile), in NovissDI, I, Utet, Torino, 1960, 499

3) De Martini A. Deposito (Diritto civile), in NovissDI, I, Utet, Torino, 1960, 500

4) De Martini A. Deposito (Diritto civile), in NovissDI, I, Utet, Torino, 1960, 500

5) V. Cass. S.U. 29.6.2011, n. 14319

6) Cass. 10.12.96, n. 10986

7) De Martini A. Deposito (Diritto civile), in NovissDI, I, Utet, Torino, 1960, 509

8) App. Bologna 19.2.94, GIUS, 1994,fasc. 7, 151; App. Milano 6.3.95, GIUS, 1995,1419.

9) De Martini A. Deposito (Diritto civile), in NovissDI, I, Utet, Torino, 1960, 512

10) Mastropaolo  F., Il deposito in Trattato Rescigno, vol. 12, Utet, Torino, 1985, 471

11) Fiorentino A., Del deposito in Comm. Cod. civ., Scialoja Branca, Zanichelli, Bologna – Roma, 1970, 73

12) Mastropaolo  F., Il deposito in Trattato Rescigno, vol. 12, Utet, Torino, 1985, 471

13) Cass. 25.11.2013, n. 26353; v. anche Cass. 10.3.2009 n. 5736; Cass. 24.5.2007 n. 12089; Cass. 6.7.2006 n. 15364; Cass. 12.4.2006 n. 8629; Cass. 1.7.2005 n. 14092; Cass. 19.7.2004 n. 13359

14) Trib. Venezia  2.5.2007, in www.ilcaso.it

15) Cass. 20.1.97, n. 534, FI, 1997,I, 766).

16) Cass. 18.7.96, n. 6489, Contr, 1997, 141.

17) Cass. 14.6.96, n. 5461, VN, 1996,1322).

18) Cass. 21.10.94, n. 8657.

19) Cass. 14.7.92 n. 8531, AGCSS, 1992, 990.

20) Bussoletti, Albergo (contratto di), in Enc. Giur. Roma, 1988; Ciurmelli, Il contratto di albergo in I nuovi contratti nella prassi civile e comemrciale (a cura di Paolo Cendon); Fragali, Albergo (Contratto di), in Enc. Dir., Vol. I, Milano, 1988

21) Cass. 23.1.2003, n. 19769

22) Inzitari B., L’impresa nei rapporti contrattuali, in tratt.dic.comm.e dir. pubblico dell’economia, diretto da Galgano, II, Cedam, Padova, 1978

23) Geri V., Albergatore (responsabilità dell’) in NovissDI, App.I, Utet, Torino, 1980, 210

24) Cass., sentenza 4 marzo 2014, n. 5030.

25) Cass. 8.2.2012, n. 1769; Cass. 9 novembre 2005, n. 21684; Cass. 26 novembre 2007, n. 24739;

26) Cass. 2 marzo 2011, n. 5086

27) Cass. 22 marzo 2011, n. 6550.


Avv. Augusto Baldassari

 

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