La maleducazione equivale ad ingiuria?



La maleducazione, condita anche da frasi “colorite” non integra di per se il reato di ingiuria, se contenuta entro determinati limiti.

In questo si è orientata la Cassazione la quale ha altresì precisato che la valenza di un espressione offensiva, al di là del contenuto, seguendo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, deve essere valutata con riferimento al contesto nel quale è stata proferita. In tale ottica interpretativa si devono valutare sia le concrete circostanze di fatto sia il significato che le parole pronunciate hanno nel linguaggio comune.

Richiamandosi ad una precedente pronuncia in tema di diffamazione, la Suprema Corte ha rammentato che alla luce dell’attuale contesto sociale e “del mutamento della sensibilità e della coscienza sociale”, determinati modi di esprimersi, seppur volgari e maleducati, sono ormai comunemente accettati.

Ne deriva che nella valutazione della portata offensiva delle frasi asseritamente ingiuriose occorre prescindere dalle “intenzioni inespresse” dell’offensore, così “come pure dalle sensazioni puramente soggettive che la frase può aver provocato nell’offeso”.

Unico limite che non deve essere superato è quello di evitare l’utilizzo di “espressioni ed argomenti che trascendano in attacchi diretti a colpire il decoro o l’onore altrui”.


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