Cos’ è un contratto di concessione di vendita



In quanto contratto atipico, non espressamente disciplinato dal codice civile, la concessione di vendita (per un facsimile di contratto di concessione vai al mio post cliccando QUI) non si presenta dotata di una struttura sua propria come anche non richiede, ai fini della sua sussistenza, la ricorrenza di elementi che debbano riguardarsi come essenziali.

Ciò, però, non significa che la concessione di vendita non debba riguardarsi quale contratto dotato di una propria individualità, pur nella riconosciuta sua atipicità, anche alla luce di quanto stabilisce l’ art. 1322 c.c., e che come tale debba essere assoggettato ad una regolamentazione.

Regolamentazione che, in assenza di un preciso intervento del legislatore, può essere ottenuta, pur nella riconosciuta impossibilità di ricondurlo a modelli contrattuali tipici, mediante il ricorso alla disciplina propria di questi ultimi, nel

rispetto dei limiti della compatibilità con i caratteri strutturali propri della concessione.
Quanto sin qui osservato, pur evidenziando le diversità esistenti tra tale figura contrattuale e singoli contratti nominati quali la somministrazione, il mandato e l’agenzia e, conseguentemente, le difficoltà che si interpongono ad una ricomprensione in toto della concessione nell’ambito delle tipologie contrattuali summenzionate, permettono, infatti, di giungere alla ricostruzione di tale istituto attraverso un ampliamento delle singole disposizioni appartenenti a ciascuno di tali contratti, potendo così essere utilizzate, sempre nei limiti della compatibilità con le sue finalità socio – economiche, le regole inerenti alle singole prestazioni.

Ne consegue che, limitatamente alla somministrazione, troverà applicazione l’ art. 1564 c.c., in base al quale in caso di inadempimento di una delle parti a singole prestazioni, l’altra può chiedere la risoluzione del contratto se l’inadempimento ha notevole importanza ed è tale da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti, nonchè l’ art. 1560, comma 1°, c.c., dove si prevede che qualora non sia determinata l’entità della somministrazione, s’intende pattuita quella corrispondente al <normale fabbisogno> della parte che vi ha diritto, avuto riguardo al tempo della conclusione del contratto.

Ed è sempre sulla base di tale interpretazione del concetto di <> che si dovrà altresì ritenere applicabile alla concessione l’ultimo comma del sopracitato art.

1560 c.c. a norma del quale se l’entità della somministrazione deve determinarsi in relazione al fabbisogno ed è stabilito un quantitativo minimo, l’avente diritto alla prestazione è tenuto per la quantità corrispondente al fabbisogno se questo supera il minimo stesso. Dall’identificazione della concessione di vendita quale contratto di durata a prestazioni periodiche o continuative deriverà, poi, l’estensione alla stessa delle disposizioni contenute nell’ art. 1561 c.c., circa la determinazione del prezzo, nonchè dell’ art. 1562 c.c., sul pagamento del prezzo ed anche dell’ art. 1563 c.c., sulla scadenza delle singole prestazioni.

A queste si dovranno poi aggiungere, oltre le norme sul patto di preferenza (art.1566 c.c.), anche quelle dettate in materia di esclusiva (art. 1568 c.c.) e di durata del contratto (art. 1569 c.c.).

In virtù della profonda diversità strutturale tra concessione di vendita ed agenzia, fondata sulla diversa tipologia del rapporto che interviene tra le parti (in quanto, mentre il concessionario tratta in nome e per conto proprio, acquistando la merce e rivendendola a terzi, l’agente, invece, quale autonomo collaboratore del preponente, agisce per conto di questi, promuovendo la conclusione di contratti di vendita dal preponente direttamente al terzi) non sembra invece che possano trovare, se non qualche rara eccezione (art. 1746 c.c., sul dovere di informazione) le disposizioni dettate negli artt. 1742 – 1753 c.c.

E ugualmente non pare che, in linea di massima, possa indiscriminatamente trovare applicazione la disciplina del mandato, tranne quelle norme che, in quanto dotate di ampia portata, sono suscettibili di applicazione analogica. Così, oltre a quelle inserite nell’ art. 1708 c.c. (sul contenuto del mandato), nell’ art. 1710 c.c. (sulla diligenza del mandatario) e nell’ art. 1711 , comma 2°, c.c. (sull’eventuale possibilità del mandatario di discostarsi dalle istruzioni ricevute), pare che siano altresì applicabili al concessionario anche le norme contenute negli artt. 1712, 1713 e 1718, comma 2°, c.c. e relative agli obblighi di informazione incombenti sul mandatario nonchè le norme di cui agli artt. 1723 e 1725 c.c., in materia di revoca del mandato oneroso.

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