Agente di commercio e patto di non concorrenza (FAQ)



Sicuramente il mio precedente post sul patto di non concorrenza postcontrattuale ha determinato l’insorgere di domande più che legittime sulla sua operatività e modalità applicative.
Qui di seguito riporto quelle più ricorrenti che mi sono state poste con le relative risposte.


1.Possono l’agente e il preponente stipulare un “patto di non concorrenza”?

Si, ai sensi dell’art. 1751 bis c.c. introdotto dal Dlgs. 10.09.1991, n. 303 in attuazione della Direttiva CEE n. 56/653, le parti possono concludere un simile patto, in tal modo ponendo un limite al principio di libera concorrenza a valere dopo lo scioglimento del rapporto di agenzia: detto patto, avente natura convenzionale in quanto scaturito da un preciso accordo delle parti, legittimamente concluso, è valevole e vincola l’agente in presenza di qualsiasi evento produttivo la fine del rapporto in parola. Inoltre, l’art. 1751 bis. c.c., a differenza di quanto previsto dall’art. 2596 c.c. secondo cui il patto deve essere scritto ai soli fini probatori, ben potendosi ipotizzare una sua validità in mancanza di una sua redazione, pur ammettendo espressamente il patto di non concorrenza, ne definisce minuziosamente il contenuto e, nel contempo, ne subordina la validità sia ad un arco temporale circoscritto, 2 anni, sia al rispetto della forma qualificata ossia della forma scritta.



2. Il “patto di non concorrenza” può avere ad oggetto una zona qualsiasi ?

No, infatti, l’art. 1751 bis c.c. statuisce che il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo scioglimento del contratto di agenzia deve riguardare la medesima zona, con la conseguenza che il patto stipulato senza l’indicazione dei termini territoriali deve intendersi circoscritto alla zona di competenza dell’agente nel corso del rapporto di agenzia (Trib. Milano, 25 marzo 2003, D&L, 2003, 708).
Si deve, inoltre, avvertire che detta limitazione opera, altresì, con riferimento alla clientela, intendendosi ricompresa in questo concetto non la sola clientela costituente il portafoglio dell’agente, ma tutti coloro sui quali l’agente poteva operare nei limiti del contratto di agenzia (Pret. Torino, 1.04.1996, Gpiem, 1997, 219), nonchè al genere di beni o servizi per i quali il contratto di agenzia era stato concluso, ossia quando i prodotti menzionati siano diversi o ulteriori nel genere rispetto a quelli che l’agente aveva l’impegno di promuovere



3.Deve essere prevista una “indennità di non concorrenza” in cambio dell’accettazione del patto di non concorrenza?

Si, dal momento che, in base alla nuova disciplina dell’art. 1751 bis cc. come integrato dalla Legge Comunitaria n. 422/2000, a far data dal 1° giugno 2000, l’eventuale obbligo dell’agente di non svolgere attività concorrente dopo la cessazione del contratto di agenzia darà luogo al pagamento di una specifica remunerazione, definita in dottrina (Venezia 2001, 710 e ss.) “indennità di non concorrenza”.
Si tratta, allora, di un obbligo che presuppone l’esistenza di un patto di non concorrenza: infatti, essendo la stipulazione del patto di non concorrenza un fatto meramente eventuale, è evidente che se le parti nulla hanno previsto in merito, non nascerà alcun obbligo di non concorrenza dopo la fine del contratto di agenzia e, quindi, non sorgerà neppure alcun obbligo di indennità ex art. 1751 bis c.c.



4. La misura dell’indennità di non concorrenza può essere determinata liberamente dalle parti?

Si, infatti, chiarita ex lege la natura non provvigionale dell’indennità di non concorrenza, non potendo dunque la stessa essere rappresentata da una percentuale ulteriore e integrativa rispetto a quella provvigionale stabilita nel contratto di agenzia, la determinazione della misura in concreto dell’indennità è rimessa alla contrattazione delle parti, tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria nonchè della durata del patto, della natura del contratto e dell’indennità di cessazione del rapporto: tuttavia, dato atto, allo stato attuale, dell’assenza di accordi economici in materia, fino a quando non ci saranno accordi di tale tipo, le parti rimarranno libere di concordare qualsiasi criterio di calcolo.
Qualora, invece, le parti non vi abbiano provveduto, allora, sarà il giudice a monetizzarla in via equitativa, tenedoconto di ulteriori parametri tra i quali la media delle provvigioni percepite durante l’esecuzione del rapporto e la loro incidenza sul volume di affari prodotto dall’agente nel medesimo periodo nonché delle cause che hanno determinato la cessazione del contatto di agenzia e dell’ampiezza della zona, oltre che della circostanza che l’agente sia o meno monomandatario.



5. Può l’agente stipulare un contratto con una ditta concorrente nonostante abbia ricevuto un’indennità ex art. 1751 bis c.c.?

No.
Qualora, infatti, all’agente venga corrisposta l’indennità ex articolo 1751 bis c.c. contestualmente alla cessazione del rapporto, e, successivamente, entro i termini di durata del patto, lo stesso stipuli un contratto con una ditta concorrente, in questo caso il preponente potrà agire nei suoi confronti per ottenere il risarcimento del danno subito, chiedendo sia la restituzione dell’indennità ingiustamente percepita sia la corresponsione della somma eventualmente prevista a titolo di penale per la violazione del patto medesimo.



6. A fronte di un patto di non concorrenza postcontrattuale afferente ad un contratto di agenzia concluso nell’anno 1999, in ordine al quale non era previsto  alcun corrispettivo, lo stesso sia comunque dovuto (e come al limite debba determinarsi) alla luce della successiva modifica dell’art. 1751 bis c.c. (per effetto della legge 422/2000) che ha introdotto la previsione di una specifica indennità”?

La disciplina del patto di non concorrenza inserita nel codice civile dal nuovo testo dell’art.  1751 bis c.c. era priva di qualunque riferimento al diritto per l’agente ad un corrispettivo in relazione all’esatto adempimento degli obblighi derivanti dal patto di non concorrenza dopo la cessazione del contratto. Indubbiamente ciò poneva l’agente in una posizione di inferiorità rispetto al preponente, che viceversa aveva tutto l’interesse ad inserire nel contratto il patto di non concorrenza, anche in relazione all’assoluta assenza di contropartita in favore dell’agente.


Tale era ed è peraltro la disciplina prevista dalla direttiva comunitaria, che nulla dispone in tema di corrispettivo e che quindi legittimava l’inquadramento dell’obbligazione in termini di gratuità. Nel corso del 2000 però, dopo che la disciplina del contratto di agenzia aveva già subito ben tre interventi di modifica,  il legislatore italiano ha ritenuto di utilizzare nuovamente lo strumento della legge comunitaria per apportare una modifica al testo dell’art.  1751 bis Codice civile. L’articolo 23 della legge comunitaria 422/2000  ha infatti inserito un nuovo secondo comma nell’art.  1751 bis c.c., prevedendo espressamente il diritto dell’agente ad un’indennità, di natura non provvigionale, in relazione all’accettazione del patto di non concorrenza dopo la cessazione del contratto.La norma individua poi un criterio principale di quantificazione, costituito dall’accordo tra le parti, che dovranno tener conto degli accordi economici nazionali di categoria  e commisurare l’indennità alla durata del patto di non concorrenza (nel limite biennale di cui al primo comma dell’art.  1751 bis Codice civile), alla natura del contratto di agenzia ed all’indennità di fine rapporto.
In mancanza di accordo tra le parti la norma prevede un criterio alternativo, costituito da un meccanismo di quantificazione giudiziale in via equitativa.


Laddove le parti non raggiungano un accordo sarà quindi il giudice ad effettuare una valutazione di tipo principalmente equitativo tenendo peraltro presenti anche i seguenti quattro elementi:

1) la media dei compensi percepiti dall’agente nel corso del rapporto e la loro incidenza sul fatturato complessivo dell’agente nello stesso periodo;

2) le cause di cessazione del contratto;

3) l’ampiezza della zona affidata all’agente;

4) il fatto che l’agente sia o meno monomandatario.

Una volta enunciato il contenuto del nuovo secondo comma dell’art.  1751 bis, l’art. 23 prosegue precisandone l’entrata in vigore ed i limiti soggettivi di applicabilità.
Il nuovo comma ha acquistato efficacia dal 1° giugno 2001.
Molteplici sono i problemi sorti da questa disposizione nella sua concreta applicazione pratica, sia in relazione ai contratti esistenti che con riferimento a rapporti sorti (o a patti di non concorrenza conclusi) dopo l’entrata in vigore della nuova norma.
Anche questa disposizione, come già avvenuto in passato per l’art. 28 della legge comunitaria 1999 in tema di star del credere, non prevede alcuna disciplina transitoria, limitandosi ad indicare la data del 1° giugno 2001 per l’acquisizione di efficacia del nuovo secondo comma dell’art.  1751 bis c.c.


A ciò consegue che la nuova norma, come affermato in dottrina, si applicherà sia ai contratti (o ai patti di non concorrenza) conclusi dopo il 1° giugno 2001 sia a quelli in corso a tale data.
Potrebbe inoltre sostenersi l’applicabilità della disposizione, e la conseguente necessità di corrispondere all’agente un’indennità, anche nell’ipotesi in cui al 1° giugno 2001 il patto di non concorrenza relativo ad un contratto ormai cessato sia ancora in vigore.
Potrà infatti escludersi con assoluta certezza il diritto all’indennità solo nell’ipotesi in cui il termine di durata del patto di non concorrenza sia già scaduto anteriormente al 1° giugno 2001.
Si è anche segnalata, in dottrina, l’eventualità che il preponente rinunci unilateralmente al patto di non concorrenza come conseguenza dell’intervenuta previsione successiva di un corrispettivo (indennità) all’epoca della conclusione del contratto non contemplata nel panorama legislativo.
Si tratta però di una soluzione in ordine alla quale non sussistono precedenti giurisprudenziali.
Quanto ai criteri di determinazione dell’indennità, si ritiene opportuno fare riferimento alla disciplina collettiva cui sicuramente si ispirerebbe una valutazione giudiziale.

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